Il Modello dell’istituto di credito prevedeva un Organismo di Vigilanza collegiale composto da tre membri: il responsabile pro tempore della Direzione Internal audit e due soggetti esterni che non abbiano alcun rapporto di lavoro dipendente con l’ente.
Il Tribunale di Vicenza così illustra e commenta la composizione dell’OdV.
“Come evidenziato, indipendenza, autonomia e professionalità dell’OdV sono caratteristiche imprescindibili.
Va allora osservato che la figura del Dirigente della funzione di Internal audit in astratto può anche essere adeguata a comporre l’organismo medesimo, tant’è che le stesse linee Guida dell’ABI del 2004 contemplavano tale possibilità benché con l’integrazione “nei poteri e nella composizione”.
Tuttavia, nel caso di (…) la nomina del Responsabile dell’Audit a componente dell’ODV si rivela in concreto non adeguata a garantirne l’indipendenza perché, in relazione al Funzionigramma al 19/11/12 e al 10/4/13 la relativa figura risulta dipendente gerarchicamente dal Direttore Generale e funzionalmente dal Consiglio di Amministrazione per il tramite del Comitato per il Controllo, dal Collegio Sindacale e dallo stesso ODV.
Il Direttore dell’Internal Audit, quindi, dipendeva gerarchicamente e funzionalmente dai soggetti che, con specifico riguardo ai reati che vengono in considerazione, era tenuto a controllare ai fini di cui al D.Lvo 231/01 e che, in concreto, si sono effettivamente resi responsabili delle condotte penalmente rilevanti, il che ne minava inevitabilmente indipendenza e operatività e si poneva in contrasto con le stesse linee guida ABI cui il modello dichiarava di ispirarsi e che, proprio con riferimento ai reati societari, evidenziava la necessità che “l’organismo di controllo debba essere una funzione di elevata ed effettiva indipendenza rispetto alla gerarchia sociale”.
Il Tribunale rileva poi che gli altri due membri dell’Organismo avevano ricevuto retribuzioni da società veicolo e da società partecipata totalmente dalla stessa e ne risultava quindi compromessa “la garanzia di una imparzialità di giudizio e di esercizio indipendente dei compiti assegnati, minando irrimediabilmente il requisito dell’autonomia”.
L’OdV era, dunque, “composto da soggetti non esenti da ingerenza e condizionamento da parte dei componenti dell’Ente, in particolare degli organi di vertice”.
La sentenza si sofferma anche sui flussi informativi diretti all’Organismo di Vigilanza.
Rileva il Tribunale che “manca qualsiasi procedimentalizzazione del flusso di dati provenienti dalle strutture aziendali afferenti all’area di rischio, ad esempio attraverso report periodici”.
Il Tribunale poi conclude:
“il modello predisposto da (…) non supera il vaglio di idoneità sotto plurimi profili: profilazione dei rischi specifici (praticamente assente nel modello 2012, comunque carente in quello del 2014); indipendenza dell’OdV (composto da soggetti incardinati gerarchicamente e sottordinati rispetto ai soggetti su cui vigilare o comunque in conflitto di interesse e palesemente privi di qualsivoglia autonomia); poteri ispettivi e controllo (del tutto carenti); flussi informativi adeguati (la cui mancanza contribuisce a privare di adeguata piattaforma cognitiva un ODV già inadeguato per carenza di autonomia e poteri).
Le lacune a monte del modello trovano conferma dell’assenza di qualsivoglia informazione all’OdV e sulle modalità di vendita delle azioni della banca, pur oggetto di rivendicazioni e segnalazioni da parte della rete e sul fatto che alcuni chiari episodi di criticità operativa che avrebbero dovuto indurre approfondimenti e segnalazioni non sono mai stati portati all’attenzione né valutati dall’ODV.
(…)
Sull’inerzia nella veicolazione delle informazioni all’ODV e sul mancato intervento dell’organismo ha pesato certamente l’assenza di indipendenza dei membri dell’ODV rispetto agli organi di vertice sia la mancanza di poteri autonomi di iniziativa e controllo.
Le conclusioni sull’inidoneità del modello adottato da (…) portano a ritenere provata l’inadeguatezza del contesto organizzativo e configurabile la conseguente colpa di organizzazione.
Va aggiunto, comunque, che il già carente modello 231 pare essere rimasto nella realtà aziendale della banca più che altro un esercizio di stile, privo di una effettiva attuazione.
I verbali dell’ODV danno conto di una attività assolutamente inconsistente dell’ODV, che si esaurisce in un esercizio formale della funzione, limitata ad un confronto con il responsabile della funzione compliance e il presidente del collegio sindacale su alcune tematiche di poco spessore, senza programmazione di alcuna autonoma attività di verifica, sostanzialmente delegata e appiattita su quella effettuata dall’audit (cioè l’organo dipendente gerarchicamente dai controllati) e senza alcun minimo accenno a tematiche attinenti ad effettive criticità rilevate, nemmeno quelle afferenti i casi più eclatanti”.