Con sentenza n. 2234/2022 la Corte di Cassazione ribadisce che il principio di tassatività sia da considerarsi uno dei principi ispiratori del catalogo dei reati presupposto di cui al D.Lgs. n. 231/2001, confermando come debba essere esclusa qualsivoglia interpretazione analogica che consenta la contestazione in capo alle persone giuridiche di fattispecie non ricomprese tassativamente nel catalogo dei reati c.d. presupposto.
La pronuncia del Supremo Consesso trae origine da una precedente sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Caltanissetta che riconosceva colpevole la Società per sversamento di idrocarburi, illecito previsto ai sensi dell’art. 6, lett. a) e d), D.L. n. 172/2008, nonostante non sia ricompreso tra i reati ambientali di cui all’art. 25-undecies D.Lgs. n. 231/2001.
Alla Società veniva contestata l’ipotesi di cui all’art. 256, c.1 let. b) e c.2 del D.Lgs. n. 152/2006, rientrante nel novero dei reati ambientali ai sensi dell’art. 25-undecies D.Lgs. n. 231/2001, in relazione alla lettera a) ed alla lettera d) n. 2 dell’art. 6, D.L. n. 172/2008, convertito con modificazioni dalla Legge n. 210/2008.
La Corte di Cassazione, ritenendo fondato il ricorso prospettato dalla Società, ribadiva l’orientamento consolidato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la dichiarazione di responsabilità degli enti, imponga un doppio livello di legalità, ossia che il fatto commesso da un intraneus della persona giuridica sia previsto da una Legge entrata in vigore prima della commissione dello stesso e che tale reato sia previsto nel tassativo elenco dei reati presupposto.
Tale assunto emerge dalla scelta operata dal Legislatore italiano, a differenza di altri ordinamenti giuridici, di non prevedere una estensione della responsabilità da reato alle persone giuridiche di carattere generale, coincidente cioè con l’intero ambito delle incriminazioni vigenti per le persone fisiche, ma limitare detta responsabilità soltanto alle fattispecie penali tassativamente indicate nel decreto stesso.
Alla luce di ciò, i giudici di legittimità hanno escluso un’interpretazione analogica dell’art. 256 T.U. ambiente, tale da ricomprendere anche la citata fattispecie criminosa.